19 ottobre 2025 - La Verità - Intervista a Ferdinando Ametrano
I metalli preziosi toccano nuovi massimi quando i mercati avvertono tensione: inflazione persistente, eccesso di debito, politiche monetarie accomodanti. In questi momenti, anche Bitcoin tende a muoversi nella stessa direzione, perché è l’equivalente digitale dell’oro: un bene rifugio alternativo, ma con un carattere più giovane e spigliato. Infatti, anche Bitcoin resta vicino ai massimi storici appena toccati ad ottobre.
Bitcoin è un bene digitale trasferibile ma non duplicabile, dunque davvero scarso - qualcosa di mai visto prima in ambito digitale. Il paragone con la scarsità dell’oro in natura è quindi immediato.
Se pensiamo al ruolo che l’oro ha avuto nella storia della civiltà e della moneta, possiamo intuire quanto l’emergere del suo equivalente digitale sia dirompente nell’era digitale e possa influenzare il futuro stesso della moneta e della finanza.
Sì, questo è il punto. Oro e Bitcoin non sono il credito di nessuno: non dipendono dalla solvibilità di un emittente, non promettono rendimenti futuri, semplicemente sono. In un mondo dove i debiti degli Stati crescono più del PIL, detenere qualcosa che non può essere stampato o ridenominato è una forma di assicurazione.
La crescita del debito che abbiamo osservato negli ultimi 75 anni è esponenziale, quindi non sostenibile per definizione. La storia insegna che di fronte a un debito fuori controllo gli Stati possono solo dichiarare default: sul debito, non rimborsandolo, oppure sulla moneta, svalutandola. Non è allarmismo ma consapevolezza: il sistema regge solo finché c’è fiducia. Chi compra oro o Bitcoin preferisce comprare una fetta di fiducia fuori dal sistema.
Bitcoin è un bene digitale al portatore: la sicurezza dipende da come lo custodisci. Se lo tieni in self-custody, sei la banca di te stesso e non devi fidarti di nessuno. Ma questo comporta anche rischi: perdite per imperizia tecnica, aggressioni a scopo di furto, problemi di passaggio generazionale e adempimenti fiscali. Oltre alla fatica di dover dimostrare, magari tra dieci anni, la provenienza legittima di quei fondi. Se invece ti affidi a una custodia professionale, la sicurezza è più alta, ma delegata. In entrambi i casi l’importante è evitare l’improvvisazione: niente borse di scambio esotiche o wallet improvvisati.
La tecnologia offre già soluzioni di livello istituzionale, come quelle di CheckSig; quello che manca spesso è la cultura operativa dell’investitore. Bisogna pretendere da tutti gli intermediari garanzie assicurative, audit indipendenti, prove-di-riserva pubbliche e la funzione di sostituto d’imposta.
Bitcoin nasce per essere uno standard di riserva digitale. Ethereum e Solana, invece, sono piattaforme di calcolo distribuito su cui si costruiscono applicazioni decentralizzate. Tether e le altre stablecoin sono strumenti transazionali ancorati al dollaro: non scarsi ma utili per muovere valore. Sugli stablecoin si gioca la più grande partita geopolitica del momento: le valute tradizionali cercano di fronteggiare Bitcoin sul terreno della tecnologia.
Ha ragione chi coniuga innovazione e libertà, come stanno facendo gli Stati Uniti. L’Europa è più prudente e regolatoria, l’America più sperimentale. L’Euro digitale potrà funzionare solo se garantirà privacy e interoperabilità con il mondo cripto; altrimenti rischia di restare un progetto burocratico, peraltro avversato dalle banche che dovrebbero sostenerne i costi rinunciando ai ricavi degli attuali sistemi di pagamento. Bitcoin, invece, è già qui - la vera sfida sarà usarlo come asset di riserva per nuove monete digitali.
Molti ci sono arrivati per curiosità ma oggi è cresciuta una fascia di utenti maturi: capisce la differenza tra Bitcoin e il resto, tra investimento e speculazione. C’è ancora molto lavoro da fare sul fronte educativo: pochi sanno cosa significa detenere un asset senza controparte o come gestire la sicurezza. Però è un segnale importante: l’Italia non è spettatrice, è entrata nel gioco.
Il rischio bolla fa parte di ogni rivoluzione tecnologica, è successo anche per Internet. Ma non bisogna confondere la bolla con l’innovazione. Chi soffia sul rischio bolla, lo fa spesso in malafede: teme la disintermediazione o tenta di arginare quello che non ha saputo capire. La vera domanda è se dietro la volatilità ci sia una struttura solida. Nel caso di Bitcoin, la risposta è ormai evidente.
In teoria sì, in pratica restano vincoli legali e fiscali: la compravendita in Bitcoin è possibile, ma va tradotta in Euro al momento del rogito, per ragioni di certezza giuridica e antiriciclaggio. Ma la difficoltà insormontabile è che Bitcoin non è stabile nel potere d’acquisto. Chi nel 2010 ha pagato diecimila Bitcoin per due pizze - oltre un miliardo di dollari ai corsi attuali - non ha fatto un grande affare. Bitcoin non è buona moneta bensì straordinario oro digitale.
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