4 novembre 2025 - La Verità - Intervista a Ferdinando Ametrano
Il governo che ha fornito per primo in Europa un chiaro quadro fiscale in ambito cripto è oggi quello che cambia le regole ogni anno, ignorando persino le osservazioni della Banca d’Italia che, l’anno scorso in audizione parlamentare su questi temi, aveva richiamato la necessità di stabilità e coerenza nelle regole fiscali. Si torna indietro anche su elementi del quadro fiscale che erano stati definiti come qualificanti: mi riferisco alla scomparsa della possibilità della rivalutazione del patrimonio cripto pagando il 18% del suo valore.
Persino l’Unione Europea nel regolamento MiCA dichiara un “interesse politico nello sviluppo e nella promozione delle tecnologie trasformative nel settore finanziario”, in Italia ci scontriamo invece con il pregiudizio che relega l’investimento in Bitcoin alla speculazione e non al risparmio.
Il 33% di imposta sulle plusvalenze cripto è discriminatorio e potenzialmente anticostituzionale, perché penalizza un risparmio che l’articolo 47 tutela “in tutte le sue forme”. Arrivando al paradosso che l’ETF Bitcoin è tassato al 26%, Bitcoin invece al 33%: stessa esposizione economica, stessa natura patrimoniale, stessa rischiosità: se a parità di sostanza economica si applicano regimi fiscali diversi, ciò è contrario a qualsiasi principio di equità e razionalità tributaria.
Tassare le cripto più degli strumenti finanziari tradizionali genera distorsioni, spinge i capitali fuori dall’Italia e riduce il gettito. Dopo la legge di bilancio 2024 che aveva minacciato un’aliquota al 42%, c’è stato un calo negli attivi cripto detenuti dagli investitori italiani nel perimetro fiscalmente monitorato degli intermediari autorizzati, nonostante il valore di mercato delle principali criptovalute sia cresciuto. Preoccupati dall’incertezza fiscale e intimoriti da un atteggiamento percepito come predatorio, gli italiani stanno spostando i loro investimenti verso l’autocustodia o giurisdizioni più stabili e competitive. Luigi Einaudi l’aveva già spiegato: “Gli esportatori illegali di capitale sono benefattori della Patria, perché i capitali scappano quando i governi sono dissennati e, portandoli altrove, li salvano dallo scempio e li preservano per una futura utilizzazione, quando sarà tornato il buon senso.”
Occorre ripristinare l’aliquota sulle plusvalenze al 26%, rendere strutturale la possibilità di operare la rivalutazione pagando il 18% del valore, estendere la compensazione tra plusvalenze e minusvalenze relative a diverse attività finanziarie, cripto incluse, e uniformare il calcolo delle plusvalenze cripto a quello adottato per i redditi diversi di natura finanziaria su valori mobiliari, ad esempio includendo i costi transazionali nel prezzo di carico.
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